Il mantello sporco di polvere
l’armatura insanguinata
La tenzone era stata oltremodo cruenta
Al saraceno feroce dolevano le ferite
Continuamente la scimitarra saggiava la spada
Poi uno scatto temprato d’orgoglio
e un colpo ben assestato
Un suono acuto si diffuse per tutta la valle
In quell’istante il dolore corse per le vene
Si allontanava il termine della contesa
Scese il tramonto
e poi la notte
Fu buio
nel campo di battaglia
La luna in cielo
e poche stelle
I soli spettatori
della schermaglia
Impose la tregua il codice d’onore
i contendenti ormai stremati
Ebbero modo di ricordare qual’era il premio
E tra le penombre si materializzò un sorriso
La conquista del quale era ciò che li spingeva a lottare
“Nella notte riposavo sotto un faggio
aspettando il mattino
ossa dolenti e sangue rappreso,
un tappeto di muschio il mio cuscino
la fresca brezza,
ancella di un’alba di battaglia
mi invitava ad affrontare
la fatica più gagliarda
abbandonare un sogno di tulipani,
abbracci e baci di principessa
provava la mia scorza
più della giostra e col pagan la ressa
acerbo il dolore della ferita
sotto l’armatura spessa
non pari allo struggimento
di riabbracciar la mia principessa
montai in sella,
di nuovo amor temprato
e oltre le schiere
inaudito fu il massacro
rosso il sangue del nemico ucciso
vittima del desio
di un soave viso
bianco era il fiore
che portavo al mio amore”
Testo di Daniele Primavesi
Musica di Ivano Conti